La tradizione occidentale in materia di analisi e teoria degli aspetti melodici e armonici della musica è vastissima e approfondita. Minore invece è stato l’apporto teorico per quel che riguarda analisi e teoria del ritmo.
Le ragioni sono molteplici e in parte riconducibili all’idea radicata e diffusa in buona parte dell’occidente che essendo il ritmo legato a elementi fisici e corporei della percezione musicale sia un elemento proprio della musica popolare e quindi volgare, e, al contrario, che nella musica colta e in quella sacra, in quanto rivolte a elevare lo spirito, l’elemento ritmico sia secondario rispetto a quello melodico e armonico.
In molte tradizioni musicali extra-eropee il ritmo riveste invece un ruolo fondamentale e in molti casi è strettamente legato ad aspetti rituali e di sacralità. La musica del novecento ha attinto a piene mani a queste culture: musica popolare dell’est europa, musica indiana, musica araba, musica africana o afro-americana, ecc.
In generale anche nel jazz contemporaneo la sensazione è che poco di innovativo resti da scoprire in campo melodico e armonico, mentre molto resta da indagare in quello ritmico.
L’oggetto di questo articolo è se e come sia possibile, analogamente alle classi di altezze, utilizzare e ricondurre degli elementi ritmici a classi di durate.
Una prima sostanziale differenza tra altezze e durate è che se gli insiemi di altezze sono un numero finito (parliamo infatti di un sistema a modulo 12, come il totale cromatico a meno di non prendere in considerazioni suddivisioni microtonali di un’ottava) le classi di durata sono invece infinite essendo una distanza temporale sempre ulteriormente suddivisibile in un’unità più piccola.
È comunque possibile mutuare, utilizzare e applicare dalla teoria degli insiemi alcuni principi che possono essere utili allo scopo di definire meglio le qualità e le potenzialità di un insieme di durate.
Un interessante contributo è quello dato da Godfried Toussaint, ricercatore in scienze informatiche canadese, che in particolare nell’ambito della geometria computazionale e della matematica discreta ha evidenziato delle analogie tra strutture matematiche e ritmiche.
Innanzitutto abbiamo a disposizione degli strumenti grafici per rappresentare le strutture ritmiche.
Un primo utile strumento è il codice binario 0 e 1 nel quale l’1 rappresenta una pulsazione e lo 0 una pausa o la distanza tra una pulsazione e l’altra. Ad es. nella fig 1 la prima battuta (insieme E 2,3) Si potrebbe trascrivere come:
[101]
Una diversa trascrizione della stessa figura utilizzando l’1 con una x e
O zero con un punto:
[x.x]
Una visualizzazione grafica alternativa molto efficace è quella di rappresentare all’interno di un cerchio la figurazione ritmica, dividendo la circonferenza in pause e pulsazioni. Questo strumento riesce meglio a mettere in risalto l’aspetto ciclico di una figura ritmica.
Potremmo utilizzare questi strumenti per analizzare dei fenomeni di isomorfismo tra classi di altezze e ritmi. Una curiosa relazione esiste ad es. tra la scala maggiore e l’african bell pattern, ritmo proveniente dall’Africa occidentale, dove la successione di toni e semitoni concide perfettamente con quella delle durate del ritmo.
rappresentazione grafica: xx.x.xx.x.x.
insieme di altezze: 7-35 (0,1,3,5,6,8,10) [254361]
L’isomorfismo delle due forme è sicuramente una curiosa coincidenza. Stabilire delle analogie tra durate e intervalli può essere un’interessante strumento compositivo, già utilizzato dal compositore e teorico ucraino Joseph Schillinger.
L’algoritmo di Euclide invece è utilizzato per calcolare il massimo comune divisore tra due numeri interi. Toussaint ha analizzato come questo numero possa essere utilizzato per generare una sequenza ritmica, e di come molti dei ritmi di diverse tradizioni musicali del mondo possano essere ricondotti ad esso.
La Fig 1 riporta i ritmi citati da Toussaint con associati degli insiemi di altezze scelti arbitrariamente, al fine di avere una rappresentazione anche melodica del processo e mettere in risalto le diverse rotazioni. I ritmi seguenti sono associati a diverse tradizioni: musica cubana, bulgara, persiana, africana, sud e nordamericana.
Una delle principali proprietà di un insieme ritmico è la rotazione. Il numero delle rotazioni possibili è quello del metro complessivo meno una, esclusi gli insiemi che possiedono delle simmetrie e che possono essere quindi definiti “ritmi non retrogradabili”, utilizzando un termine coniato da Olivier Messiean, compositore che su questi ultimi e sui modi a trasposizioni limitate, quindi dotati di simmetria, ha costruito buona parte della sua musica.
Come per gli insiemi di altezze possiamo innanzitutto cercare di rappresentare una forma originaria partendo dall’organizzare i nostri inisemi in modo crescente.
Ad es il nostro insieme E(2,3) dove due sono i numeri delle pulsazioni presenti e tre è il nostro metro è rappresentabile progressivamente come (1,1,0), dove i numeri indicano le singole pulsazioni in questo caso due da un ottavo e una pausa.
Possiamo ora rappresentare il numero dei valori presenti e in questo caso sarà [1,1,0]: il primo rappresenta l’ottavo il secondo le pulsazioni da due ottavi, il terzo quelle da tre. Ovviamente essendo di fronte come detto precedentemente a un sistema non finito rispetto a quello delle classi di altezze ci confrontiamo con un sistema di codifica che non può che rappresentare dei numeri che danno origine a frazioni in funzione del ritmo espresso all’interno di un singolo metro
Una caratteristica interessante che unisce sia gli insiemi ritmici che quelli di altezze è quello dell’evenness, ovvero dell’uniformità con la quale gli elementi sono posizionati all’interno di un tempo, così come in una scala o un accordo. Gli insiemi ritmici o melodici che noi utilizziamo con più frequenza sono quelli che sono distribuiti in modo più regolare nello spazio o nel tempo.
Altra caratteristica di molti insiemi ritmici è la rhythm oddity, definibile come una qualità appartenente a molti dei ritmi più diffusi al mondo dove la distribuzione delle pulsazioni non divide mai il ritmo in due sezioni di ugual misura.
Bibliografia
The Geometry of Musical Rhythm: What Makes a “Good” Rhythm Good?: Godfried Toussaint, CRC Press, USA
The Schillinger System of Musical Composition, Joseph Schillinger, C. Fischer, Inc. (New York)
The Technique of my Musical Language, Olivier Messiaen, Alphonse Leduc, Paris