Classi di altezze, due esempi pratici

Lo studio delle classi di altezze è nato e si è sviluppato in un contesto musicale legato a dodecafonia e serialismo, lontano e in qualche modo in antitesi da quello della musica tonale.
Da un punto di vista astratto l’armonia tonale e funzionale può essere considerata comunque un caso particolare della teoria degli insiemi. La scala maggiore infatti corrisponde all’insieme 7-35 e tutti gli accordi in essa inclusi possono essere così considerati suoi sottoinsiemi, cosi come modi, scale e funzioni armoniche sue permutazioni, trasposizioni, inversioni.

Nulla comunque ci vieta di sperimentare l’utilizzo di diverse tecniche contemporaneamente e quindi voglio proporvi due esempi di melodie costruite su strutture armoniche tipiche del jazz. Uno standard, Indiana, sul quale C. Parker (anche se alcuni sostengono sia stato composto da Miles Davis) ha scritto Donna Lee e un rhythm changes, una forma derivata dalla composizione I’ve got rhythm di Gershwin, che al pari della struttura del blues è stata utilizzata come contrafact in moltissime composizioni.

Questa parafrasi di Donna Lee di Charlie Parker, contrafact di Indiana di Hanley/Ballard, è stata scritta utilizzando numerosi insiemi raggruppati per lo più secondo la logica della creazione di serie dodecafoniche, cioè come fossero tasselli uguali che completano in modo geometricamente uniforme il mosaico dell’insieme cromatico (vedi qui per approfondire).

Fig. 1

Qui il file audio:

Ecco invece l’analisi degli insiemi utilizzati:

Le serie dodecafoniche sono raggruppate nella linea posta al di sopra del pentagramma con il codice di ciascuna classe utilizzata. Sono invece cerchiati i singoli insiemi che compongono le diverse serie.

In questa mia composizione costruita su I’ve got rhythm di Gershwin invece si utilizzano principalmente due gruppi di insiemi. Il 3-3 nella prima sezione, mentre nel bridge il 4-27. Il noto tema originario è costruito nella sezione A dalle note F, G, Bb, C, corrispondente proprio all’insieme 4-27, idea ripresa dal tema del bridge.

Analizzando la melodia della composizione possiamo notare che è costruita usando l’insieme 3-3 (0,1,4) trasportato e invertito a mo’ di creazione di una serie dodecafonica (vedi ancora articolo citato precedentemente). Se consideriamo la prima nota di ciascun insieme si genera un tetracordo che è esattamente il tema originario, ovvero l’insieme 4-27.


Se in Donna Lee si è mantenuta la tessitura originaria con la sostituzione delle linee melodiche bop con quelle dodecafoniche, qui invece il processo è di natura integrativa rispetto a una linea melodica originaria più semplice. La scelta dell’insieme 3-3 è quindi determinata dal tetracordo originario del tema.
Il tema del vibrafono è ottenuto dalla trasposizione una terza maggiore verso il basso di quello del sax.

Nella sezione B invece viene utilizzata nel tema la serie dodecafonica ottenuta grazie alla trasposizione per terze del 4-27. La linea del basso rimane invariata rispetto all’originale, ma l’armonia segue l’andamento melodico degli insiemi del tema creando una tensione che ha il suo apice nella progressione per terze maggiori dell’ultima battuta del bridge, prima di pacificarsi nel Bb dell’ultima sezione A.
Ritmicamente ho strutturato gli insiemi su diverse versioni di scomposizioni ternarie (quarti, ottavi e sedicesimi disposti anche in terzine).

Lascio a voi la valutazione di quanto sia interessante questo materiale proposto da un punto di vista estetico. Sicuramente però questo processo di creazione melodica, e di riflesso armonica, nonostante l’apparente rigidità derivante dal processo logico-matematico, crea una grande elasticità e fluidità dell’andamento melodico, determinata dalla continua sensazione di vicinanza e lontananza creata dalla serie completa rispetto alla tonalità di base.

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