La teoria delle classi di altezze nasce nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti in particolare ad opera del compositore Milton Babbit e del musicologo Allen Forte.
Particolarmente diffusa nel mondo della contemporanea d’oltreoceano non ha trovato grande diffusione nella musica europea salvo qualche eccezione (ad es le sperimentazioni di Luigi Nono) e applicazioni indirizzate alla ricerca dell’ IRCAM.
Questo modello di analisi non determina tanto un’estetica, ma rappresenta uno strumento di analisi per tutto il materiale atonale con propensione all’utilizzo di tecniche quali inversione, moltiplicazione, trasposizione, contiguità, combinatorietà, complementarietà.
Nell’analisi di un insieme di altezze mod 12 si attribuiscono di fatto i numeri interi da 0 a 11 ai nomi delle note della scala cromatica ascendente partendo dalla nota do.
Applicando i principi della teoria degli insiemi si creano delle classi di altezze che vengono siglate attraverso un numero x-y dove x è il numero delle altezze utilizzate e y l’ordine crescente con cui sono categorizzate.
La forma di ciascun insieme è determinata dalla disposizione in ordine crescente delle altezze delle note che la comprendono, e può essere trasformata in una forma primaria che origina sempre da zero, nota do, a 11, nota si.
Un altro strumento utile è il vettore intervallare che è rappresentato dal numero delle qualità di diversi intervalli che si ottiene da tutte le possibili combinazioni tra le altezze e che determina quindi la natura combinatoria di ciascun insieme.
Da notare che per ottenere un numero limitato di forme primarie si considerano gli intervalli dal semitono al tritono identici ai loro reciproci dal tritono alla settima maggiore.
Ad es. la triade maggiore e minore e tutti i loro rivolti appartengono allo stesso set classificato come 3-11, con forma primaria (0,3,7) do-mib-sol, e vettore intervallare [001110], ovvero, nell’ordine zero semitoni, zero toni, una terza minore, una terza maggiore, una quarta, nessun tritono.
Possiamo forse, dopo più di mezzo secolo, considerare questa esperienza di ricerca un tentativo enciclopedico di comprendere la totalità delle combinazioni delle diverse altezze in modulo 12 e di analizzarne attributi e qualità.
Nel jazz troviamo traccia dell’utilizzo di questo sistema tanto nelle dissertazioni on-line (vedi sito M-Base: https://m-base.com/what-is-m-base/) quanto in molte composizioni e improvvisazioni di Steve Coleman, in particolare per quel che riguarda principi di sum, simmetria e armonia negativa.
Ad es. qui a proposito della composizione Cross Fade, tratta dall’album del 1990 dal titolo Black Science che suona come una vera e propria “dichiarazione programmatica”:
“Melodically and harmonically the concept of “Cross-Fade” deals with tonal deals in key centers). In other words, what is important here is the position of tones in space or centers in terms of space (asopposed to the standard tonality which distance). So when I speak of improvising with regard to a “sum 1I tonal center” I am speaking of a tonality that has an axis (or spatial center) of sum means that the tones B-C (also F-G flat) are the spatial tonal centers of this section
of the composition. For the improviser this means improvising with this spatial tonality in mind. To go into some examples of improvising in a “sum 11” tonality is beyond the scope of this presentation and any [sic] would take many chapters. I do plan on releasing a small book on the subject later but I can say that one necessity would be learning to think spacially with the mind as well as using your ears.
Da queste parole di Coleman, oltre ad un parziale chiarimento sul termine Sum e Axis [di simmetria], troviamo quanto detto in precedenza riguardo al tipo di processo di apprendimento che richiedono queste tecniche, non solo da un punto di vista logico, ma da quello dell’assimilazione, per nulla facile, dal momento che costringe a reinventare l’abitudine dell’ascolto attraverso la prassi esecutiva.
Dall’interessante testo “Playing outside : excursions from the tonality in jazz improvisation ” di Tim Dean Lewis per la City University of London troviamo un’accurata analisi del brano Cross Fade, che supporta l’ipotesi riguardo l’influenza del serialismo americano sulla musica di Steve Coleman.
Further, it has struck me that there is a similarity between the “Sum ‘ system and the theories of Perle (1977), both in terms of structure and nomenclature (although I do not know whether Steve Coleman has been directly influenced by this text)
Sempre sull’argomento Steve Coleman afferma:
“When I play, I’m not thinking scales. A lot of younger players are so locked into scales that they can’t think of anything else. I’ve often two modes, major and minor, dominate out of the countless diatonic structures. After studying African, Eastern and Bulgarian folk music. I decided that it wasn’t necessaryto use just major and minor, and consciously abandoned it. Now I’m working with cells. There’s nothing mystic about that – they’re just small musical constructs which I manipulate to get two types of sound motion, stationary and in transit. I’ve also been looking for geometric ways of doing progression rather than thinking in standard terms.”
Interessante osservare qua come teorie di musica e di ricerca contemporanea, cellule e insiemi, si sposino con tradizioni musicali etniche, in una sorta di corto circuito che sembra, apparentemente, relegare in secondo piano le sonorità della musica europea dal rinascimento ai primi del novecento. Un inaspettato fil rouge tra serialismo e musica africana, tra musica popolare extra-europea e quanto di più razionalmente complesso elaborato nella musica occidentale.
Queste o analoghe indicazioni per determinare insiemi di altezze utilizzate in modo armonico in sostituzione delle classiche sigle sono usate talvolta da molti musicisti afferenti all’M-Base come Miles Okazaki, Jonathan Finlayson e Jen Shyu.
L’analisi attraverso classi di insiemi di altezze consente di evidenziare le caratteristiche e le proprietà di gruppi di note che non hanno un corrispettivo evidente all’interno dell’armonia tradizionale di tipo funzionale.
A mio parere molto materiale anche della tradizione jazzistica può così essere meglio decifrato, sd es. voicing e pattern.
La mia prima composizione scritta utilizzando queste nozioni, è stata “Spazio Angusto”
Il titolo nasce dalle caratteristiche del materiale musicale utilizzato: quattro insiemi di tre note ciascuno, insiemi semplici costruiti sulle prime combinazioni di piccoli intervalli, seconda maggiore e minore e terza maggiore, quindi uno spazio intervallare limitato e apparentemente limitante:
F#, G, Ab
A, Bb, C
Ab, Bb, B
F, Gb, A
Il primo, insieme 3-1, è costituito da una successione a distanza di semitoni.
Il quarto che contiene un semitono e una terza minore è il 3-3.
La prima sezione si sviluppa melodicamente con vibrafono, sax e basso che suonano coralmente la melodia ricavata dall’utilizzo esclusivo delle note dell’insieme.
I quattro insiemi sono utilizzati e suddivisi in blocchi di due battute ciascuno. Il materiale di ciascun insieme è utilizzato in modo seriale: ogni nota di ciascun insieme è presente, con l’avvertenza di evitare la ripetizione della stessa all’interno di un singolo blocco, in modo da un lato di far percepire sempre il colore complessivo degli insiemi, dall’altro di evitare il più possibile una sensazione di tonalità o di predominanza di un’altezza sulle altre.
Vibrafono, sax e basso seguono rigorosamente questa idea come potete vedere alla lettera A della partitura.
Nell’utilizzo delle classi di altezza uno degli strumenti più semplici e interessanti per lo sviluppo melodico è quello del cambio di ottava.
Con insiemi così stretti, che nella loro forma fondamentale si muovono nell’ambito di semitono, tono e terza minore, il cambio di ottava dell’altezza di una nota determina la creazione di salti ampi: settime, seste e none.
Sax alto e basso seguono un movimento contrario in questo senso: dall’alto al basso per il primo e dal basso all’alto per il secondo. Il vibrafono come strumento polifonico sintetizza entrambi questi movimenti.
Il brano è costruito prevalentemente dalla ripetizione di una sezione A di otto misure sviluppata e variata o inframmezzata da sezioni riorchestrate o finalizzate a momenti solistici.
La composizione si sviluppa in modo più o meno rigoroso seguendo questo schema attraverso processi di orchestrazione, ripresa e variazione della sezione A, assoli e variazioni della formula ritmica, fondata anch’essa sulla presenza del numero 3 con un processo che in qualche modo replica l’idea di insieme a livello ritmico, con un contrappunto ritmico tra la linea del basso e il drum chant della batteria.
Un insieme di tre note offre possibilità di sviluppo interessanti, con l’utilizzo del tritono come intervallo traspositore, che trasforma il nostro insieme da 3 a 6 elementi
F# G Ab + C Db D
A Bb C + D# E F#
Ab Bb B + D E F
F Gb A + B C Eb
Gli insiemi di sei note per le loro caratteristiche hanno un ruolo particolare nella musica seriale. Innanzitutto ciascun esacordo ha un insieme complementare di altre sei note che va a completare l’insieme cromatico.
Un’ulteriore possibilità è considerare il tricordo come sottoinsieme di altre scale ( tutte le scale conosciute possono essere considerate insiemi) più familiare e caratteristica.
Il primo insieme di Spazio Angusto infatti può generare una scala cromatica, il secondo e il terzo, con l’inclusione delle note C# e G, due diverse scale diminuite, come l’ultimo con l’inclusione delle note B e F.
Legato al concetto di pitch class quello di deep scale ovvero scale che abbiano un vettore intervallare che consista di valori unici. Questo attributo sembra fornire una grande possibilità di costruzione di sottoinsiemi diversi, e quindi maggiore varietà ad es rispetto a una scala simmetrica. Inoltre queste scale possiedono un’altra proprietà importante, ossia di essere trasponibili per l’intero insieme cromatico con relazioni tra le stesse create da quantità diverse di note comuni.
La più nota tra le deep scale è quella maggiore e l’analisi delle sue proprietà insiemistiche ha fornito alcune ipotesi logico-matematiche sul prevalere di questo sistema nello sviluppo della storia della musica occidentale.
La scala maggiore, insieme 7-11 costituito dalla forma (0,2,4,5,7,9,11), che nella sua forma primaria, in ordine crescente di distanze e intervalli, è (0,1,3,5,6,8,10) possiede vettore intervallare [2 5 4 3 6 1], un valore unico per ogni intervallo, con predominanza dell’intervallo di quarta, reciproco della quinta. Sappiamo che la quinta è elemento fondante di ogni scala maggiore diatonica; una scala maggiore può essere riletta come una successione di questo intervallo ad es, in do maggiore la sequenza sarà fa-do-sol-re-la-mi-si.
Cosa succede ora se con principio isomorfico proviamo a costruire delle nuove scale che abbiano come unità di misura principale non il semitono, ma tutti gli altri intervalli?
Otterremo sempre delle scale non eptafoniche perchè ci sarà sempre una ripetizione di qualche nota, ad eccezione che con l’intervallo di quinta e quarta, che genererà la scala contenuta nell’insieme 7-1 (0,1,2,3,4,5,6) iv [6 5 4 3 2 1] che è l’altra deep scale eptafonica.
Nel far questo non abbiamo altro che applicato una delle proprietà citate all’inizio di questo paragrafo, quella della moltiplicazione, indicata dal simbolo M. Moltiplicando la successione 2,2,1,2,2,2,1 di volta in volta per il numero di semitoni caratterizzante l’intervallo scelto e poi riportando i risultati ottenuti in mod 12, ovvero nella stessa ottava.
L’operazione moltiplicativa più fertile sembra essere quella quindi di M7 (o M5), usata spesso infatti in dodecafonia e serialità insieme a retrogradazione e inversione, per generare serie nuove con un legame di parentela profondo con l’originale.
La natura della relazione stretta tra i due insiemi 7-1 e 7-11 nasce dal fatto che entrambi gli insiemi hanno una stretta correlazione con i due intervalli più generativi, il semitono e la quinta e i loro reciproci ovviamente.
Possiamo quindi costruire accordi e modi sulla scala 7-1 in modo analogo alla scala maggiore e derivare una serie di scale con proprietà affini a quelle della scala maggiore.
Da osservare che le scale simmetriche e i modi a trasposizione limitata rimangono invariati in entrambi gli insiemi. Di seguito la moltiplicazione di alcune delle scale più note:
Per la sua natura il 7-1 possiede caratteristiche di maggior tensione, essendo il cromatismo il valore intervallare predominante rispetto alla quinta del 7-11.
Questa profonda relazione tra i due insiemi può essere a mio parere interessante oltre in ambito atonale anche in quello tonale, proprio perché l’insieme 7-11 possiede esattamente le stesse proprietà di una scala maggiore in termini di sviluppo di modi e accordi.
Ogni melodia costruita in un sistema tonale 7-11 può essere quindi trasformata in una a riferimento cromatico 7-1. L’unica accortezza è quella, rispetto all’operazione moltiplicativa del serialismo, di considerare l’operazione M7 in modo che io definisco relativo, ovvero considerando la
fondamentale del sistema 7-11 la stessa del 7-1. Per cui la fondamentale di ciascun nuovo sistema tonale cromatico va considerata il nostro nuovo valore 0.
Le due scale maggiori sovrapposte sono le seguenti:
7-11: do re mi fa sol la si
7-1: do re mi si do# re# fa
ottenute dalle seguenti operazioni:
7-11: 0 2 4 5 7 9 11
7-11 M7= 0 2 4 11 1 3 5
ovvero:
0x7= 0
2×7= 14 mod12= 2
4×7= 21 mod12= 4
5×7= 35 mod12= 11
7×7= 49 mod12= 1
9×7= 63 mod12= 3
11×7= 77 mod12= 5
Di fatto, in modulo 12, tutte le distanze pari rimangono invariate mentre quelle dispari si invertono in modo costante a distanza di tritono. il tetracordo fa-sol-la-si diventa in M7 si-do#-re#-fa.
Interessante notare l’affinità di questi risultati con quella che in armonia si chiama la sostituzione di tritono, che sembra essere basata sulla stessa proprietà matematica.
Possiamo quindi traslare in M7 relativo tutte le composizioni tonali, di seguito alcuni esempi che ho elaborato dai temi di “Donna Lee”, “Lennies Pennie’s” e il noto solo di Lester Young su “Oh, Lady be Good”.
In queste nuove melodie si manifestano degli aspetti interessanti con alcune figure ricorrenti:
- gli intervalli di quarta/quinta diventano semitoni ascendenti o discendenti e viceversa, con un evidente riflesso da un lato su tutti i passaggi cromatici e dall’altro su tutte le progressioni per quinte
- ogni terza maggiore rimane ascendente mentre la terza minore diventa discendente, analogamente con quanto avviene nell’armonia negativa
- la quinta di una scala maggiore diviene il suo tritono
- la sesta giusta di una scala maggiore diviene la terza minore
- la quarta di una scala maggiore diviene la settima maggiore e viceversa
In generale, e forse anche qui possiamo trovare un’analogia con quanto avviene nell’armonia negativa, gli andamenti melodici lineari ascendenti o discendenti assumono in M7 un andamento più circolare o a spirale.
Un esempio più elaborato di sviluppo M7 è il mio contrafact di Antropology dal titolo Antroposophy.
Ci sono due linee melodiche. Il tema del vibrafono, costruito su M7 del tema originario e il suo negativo suonato dal sax. I temi costruiti sulla sezione A sono uno il negativo dell’altro lì dove all’insieme basato sulla fondamentale sib si integra quello avente fondamentale lab con il rovesciamento speculare della melodia.
Anche la linea di basso e la struttura armonica dell’accompagnamento (di cui ho ipotizzato due versioni) è basata sempre sulla trasformazione M7 relativa.
L’armonia nei voicing del vibrafono contiene in sé entrambi gli insieme ed è dotata quindi di una sua simmetria interna.
La parte di basso e batteria è costruita secondo un principio di aumentazione circolare, lì dove ciascun quarto a rotazione viene aumentato di un ottavo:
La sezione B invece è costruita soltanto dalla trasformazione M7 relativa del tema, del basso e dell’armonia originaria con una modulazione metrica, dove su un tempo di 5/4 con una pulsazione di 4/4, creando un effetto di rallentamento.
Per l’accompagnamento ho ipotizzato due diverse linee di basso costruendo i voicing di vibrafono a partire dagli insiemi M7, tenendo conto anche del loro negativo nella sezione A (vedi score intero).
Scores completi: